Ghost In The Shell – Tra cult e futuro plausibile

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Kōkaku Kidōtai” (攻殻機動隊), o secondo il titolo internazionale “Ghost In The Shell”, nasce sotto forma di manga nel 1989 dalla matita di Masamune Shirow. Già nel periodo della sua prima pubblicazione questo manga emerge tra le produzioni dell’epoca per le sue intrinseche peculiarità: grazie allo stile innovativo della narrazione, all’universo dettagliatissimo e al connubio inusitato tra filosofia orientale, esistenzialismo e cyberpunk, non manca di stupire il pubblico internazionale decretando indelebilmente Shirow come uno dei più innovativi e seguiti mangaka degli anni ’90.

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La cover dell’edizione in volume del manga di Masamune Shirow

Cosa che ha reso a distanza di tempo ancora più interessante questo lavoro di Shirow, è che ai tempi della prima pubblicazione il fenomeno Internet come noi lo conosciamo non era ancora nato, la rete era ancora un ambiente elitario e iniziava appena ad affacciarsi alla consapevolezza degli utenti di tutto il mondo. Il manga originale descrive un futuro dove un’enorme rete informatica collega ogni cosa, un futuro che è diventato man mano più attuale e reale con lo sviluppo tecnologico. La differenza più evidente tra il nostro presente e quello dei personaggi di Ghost In the Shell, è il fatto che non siamo ancora arrivati a farci innestare interfacce nel cervello, per il resto siamo ormai costantemente connessi in ogni momento della nostra vita esattamente come loro.

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Una scena del film originale di Oshii del 1995

L’ intreccio fanta-politico, gli interrogativi sull’intelligenza artificiale e la pionieristica visione della reti informatiche destano l’interesse di Mamoru Oshii, regista eclettico con all’attivo variegate produzioni sia televisive che per il grande schermo: dall’umoristico e surreale “Urusei Yatsura 2 – Beautiful Dreamer” (conosciuto in Italia come “Lamù – Beautiful Dreamer”) ai due ottimi lungometraggi di Patlabor. Nel fumetto di Shirow ritrova contestualizzate molte delle tematiche a lui tanto care come l’interazione tra uomo e macchina e la realtà come mondo illusorio plasmato dalla coscienza e dai ricordi di ogni singolo individuo. Inutile dire che questa impalcatura si rivela terreno fertile per l’immaginario di Oshii, che sintetizza il nodo centrale della storia e comprime le vicende del manga nei suoi punti salienti. L’atmosfera che si respira in questo lungometraggio è però molto diversa da quella dell’originale cartaceo: nella sua incarnazione cinematografica Ghost In The Shell lascia da parte i riferimenti umoristici e gran parte delle speculazioni scientifiche per far emergere una vena più onirica e drammatica. Nel film l’inventiva di Shirow e la sensibilità di Oshii si fondono in un dando origine a qualcosa di inedito, sia per la potenza visuale sia per la costruzione della trama.

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Per la realizzazione di questo ambizioso progetto nel 1994 si riunisce lo staff ben collaudato che già aveva dato i natali ai due film di Patlabor: la sceneggiatura è curata da Katsunori Ito, già collaboratore di Oshii sin dai tempi di Urusei Yatsura (“Lamù la ragazza dello spazio”), la musica viene scritta da Kenji Kawai, poliedrico compositore, ormai onnipresente nella cinematografia giapponese, che per questo film ha saputo crearsi uno stile assolutamente inedito e, questa volta, il design dei personaggi viene affidato a Hiroyuki Okiura, che poco dopo questo film sarà regista Jin Roh (sotto sceneggiatura dello stesso Oshii e sempre per la Production I.G); il team viene patrocinato da Mitsuhisa Ishikawa, proprietario dell’allora avanguardistico studio Production I.G.

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Il poster cinematografico di Ghost In The Shell nella versione in lingua inglese.

Il risultato di questa collaborazione incrociata viene dato alla luce delle sale nel 1995 ed è un film all’apparenza breve e criptico, ma capace di una presa ed un coinvolgimento fuori dal comune. Il risultato tecnico è sorprendente e segna nell’animazione giapponese il momento di passaggio dall’utilizzo de rodovetri ad un uso massiccio delle tecnologie digitali nelle fasi di pre e post-produzione: vengono inaugurate metodologie di ripresa che simulano l’uso della stampatrice ottica, il montaggio di fondi piatti su modelli tridimensionali e l’uso di immagini generate direttamente al computer e stampate su pellicola senza passaggi intermedi, oppure successivamente telecinemate da una ruvida sorgente NTSC per mitigare il contrasto con i disegni a mano. Per ottenere i risultati che adesso possono essere riprodotti con semplici filtri digitali, la produzione fa sviluppare un software di effetti modulare che può essere modificato dai programmatori in fase d’opera.

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L’influenze che ha questo lavoro sul genere fantascientifico si espande a macchia d’olio. Il film di Ghost In The Shell non lascia indifferenti neppure i registi d’oltreoceano: come viene dichiarato dagli stessi fratelli Wachowsky è una delle sorgenti di ispirazioni di Matrix, nel quale sono disseminate diverse citazioni diventate poi eredità “scomoda” per il film di Oshii.

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Notevole il fatto che le proposte successive al primo film di Ghost In The Shell, sempre realizzate dalla Production I.G,  riescano a mantenere sempre un alto livello qualitativo, sia per trame che per realizzazione, ed un taglio stilistico molto determinato. Hanno fatto seguito infatti, a quasi dieci anni di distanza, dapprima due serie televisive e un film ambientati in un universo alternativo a quello del film e diretti da un grande Kenji Kamiyama, intitolati rispettivamente “Ghost In The Shell: Stand Alone Complex“, “Ghost In The Shell: Stand Alone Complex – 2nd Gig” e “Ghost In The Shell: S.A.C. Solid State Society“.

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Motoko Kusanagi in Stand Alone Complex – 2nd Gig

Quasi contemporaneamente alla lavorazione del primo Stand Alone Complex, la Production I.G mette in lavorazione anche un film per il cinema seguito del primo Ghost In The Shell, intitolato semplicemente “Innocence”, in concorso al festival di Cannes del 2004 e magistralmente firmato dallo stesso Oshii.

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Il poster cinematografico di Innocence nella versione per la distribuzione americana ad opera della Go Fish Pictures.

Nel 2008 Oshii realizza poi una nuova versione del primo film, denominata Ghost In The Shell 2.0, dove il suono viene ricreato da capo, nuovi contenuti digitali vengono aggiunti alle scene ed alcune di esse vengono rifatte totalmente in 3d e, lasciatemi aggiungere, con grande costernazione dei fan…

Il ventennale del primo film di Oshii è stato poi festeggiato da ARISE, una serie di quattro OAV di un’ora ciascuno, e da THE RISING, un film cinematografico da due ore, ideali prequel del fumetto di Shirow e firmati per il progetto e la sceneggiatura da Tow Ubukata, autore di Le Chevalier D’EonMardock Scramble.

Il cast di personaggi di Ghost In The Shell come sono caratterizzati in ARISE e THE RISING
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